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Progetto EFFIGE

Pittura, ancora. Nella serena certezza (non polemica, perché nulla occorre dimostrare) che l'identità del pittorico conserva comunque entro di sé il massimo di autorevolezza, sino alle soglie della sacralità dell'immagine. Questa è la scelta di Valeria Melodia Boisco, alla quale è congruente, per massimo d'ambizione espressiva, quella di cimentarsi con la forma-ritratto. Saggiare, per una via fatta di modalità forti - la pienezza del retaggio antico, la sprezzatura nevrotica del moderno - la consistenza dell'idea stessa del ritrarre, è una sorta di elevamento a potenza della fede nella pittura, nella sua alterità non caduca. Come sostiene Jean-Luc Nancy in Le regard du portrait, "lo stato civile del ritratto è il suo stato figurate. E se in fondo e dai tempi di Baudelaire e dei suoi ragionamenti su Constantin Guys che proprio il ritratto è il crocevia del combattimento tra pittura e fotografia, tra eterno e transitorio, Boisco non pratica scorciatoie e alibi intellettuali, e giusto in questo territorio colloca la propria ricerca di personalità artistica Acerbo, ancora, è il suo percorso, ma già fondato su acquisizioni sicure, oltre che su una padronanza dei mezzi ormai consolidata.  Importa a Boisco, del modello che pone di fronte a sé, il rapporto complesso e sottile tra volto e corpo: ove il volto serra un fondante intreccio di sguardo con lo spettatore, e il corpo, nella verticalità del quadro spinta sino a farne la doublure del corpo stesso, si fa presenza giusto al limite tra specchiamento fisiologico di chi guardi e l'organicità autre che è della pittura. Entro i suoi quadri/stele, Boisco rinserra l'essenziale della figura guardata, sottraendosi con tagli bruschi all'incombere del teatro delle pose e della distanza, concettuale prima ancora che fisica, connaturata all'immagine. Georg Simmel ha scritto che "il viso risolve nel modo più completo il compito di produrre con un minimo di variazione dell'elemento singolo un maximum di variazione dell'espressione complessiva", e su tale acquisizione, varietà come identità, l'idea storica di ritratto ha costituito il proprio genere. Boisco pensa tuttavia il quadro in modo più sottile e causidico, come vero e proprio dyplon dell'effigiato: e dire doppio è dire non il mito dello specchio, ma la presentificazione identitaria che, dalla preistoria, l'arte ha garantito alla caducità umana attraverso la stele, attraverso la statua. La partita ambiziosa di Boisco è questa. Un ritratto che ritrovi la storicità più sorgiva, il radicamento antropologico del ritratto, e per questa via ponga finalmente in scacco il senso di moderna vanitas con il quale oggi, nell'assedio d'immagini senza radici, lo leggiamo. Attraverso, s'è detto, la pittura, che del sacro d'immagine è fondatrice e custode.                                                                                                                                                                                                                                                                                                     Estratto critico di Flaminio Gualdoni

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